Cara Italia,
anche tu, probabilmente, ci vedi come un’unica forte entità, un “soggetto istituzionale” che dovrebbe aver fatto molto di più, e che oggi non ha proprio mantenuto tutte le sue promesse, o meglio onorato i propri propositi.
La verità è che non possiamo essere questa “unica entità” senza essere anche singole persone, più o meno forti, più o meno zelanti, motivate, longanimi, magari anche un po’ arrabbiate e spaventate. Stiamo vivendo quello che vivono tutti gli altri, con la consapevolezza di chi si è reso conto che la storia in atto non è inevitabile, ma una tragedia scritta da sadici potenti, che vede noi come protagonisti. E più se ne prende atto, più appare enorme e difficile da trasmettere in tutti i suoi dettagli, perché la paura di fondo crea diffidenza, e un’istituzione è qualcosa dietro cui chiunque potrebbe nascondersi: è naturale che ci sia diffidenza anche nei nostri confronti.
In tanti anni di battaglie sociali, iniziate ben prima della fondazione di questo partito, abbiamo assistito a momenti di tale grandezza d’animo che ci è sembrato possibile (e forse era un po’ il nostro sogno) che le persone potessero cogliere la bontà dei nostri propositi dalla luce nei nostri occhi, dalle inflessioni della voce, così come si riconosce a pelle e all’improvviso una persona che ci sarà cara per tutta la vita.
Vedi, cara Italia, non abbiamo mai usato parole vuote: le abbiamo sempre riempite di noi. E a volte ha funzionato! Ma tutte le volte che non è stato così, ci siamo sentiti delusi, magari dimenticandoci che, anche se i nostri propositi erano alti, i nostri occhi non sono sempre stati luminosi, la nostra voce non è sempre stata calda e rassicurante. Abbiamo provato a superarci con grande senso di responsabilità, e a volte ci siamo riusciti, ma tutte le altre siamo rimasti esseri umani, con i nostri limiti, le nostre contraddizioni e, assolutamente, fallibili.
Quanti errori abbiamo fatto!
Abbiamo chiesto troppo ai nostri attivisti, in troppe elezioni consecutive, solo perché era necessario per te, povera Italia, che ci vedevi come una grande istituzione, e – ci piace pensare – un faro di speranza.
Abbiamo temuto di scomparire, di tradire il nostro scopo finale se non ci fossimo presentati, a qualunque costo, alle più importanti elezioni degli ultimi quattro anni.
Abbiamo valutato male delle persone, proprio noi che dovevamo aiutare gli altri a discriminare, a scegliere la via giusta, in questo momento di grande oscurità.
Altre volte ci siamo lasciati confondere da stimoli, voci, pretese, suggerimenti, accuse, minacce di una moltitudine di persone certe di sapere quale fosse la via migliore per tutti. Quanto è difficile, cara Italia, trovare l’equilibrio tra essere sé stessi e suscitare approvazione, quando dall’approvazione sembra dipendere la sola possibilità del cambiamento, di essere conosciuti, di far arrivare più lontano un messaggio di cui chiunque avrebbe un bisogno disperato.
Di ogni errore ci siamo resi conto troppo tardi, quando non è più semplice rimediare e farlo è in ogni caso doloroso.
Così, oggi, alcuni sono troppo stanchi e hanno bisogno di riposo proprio mentre la battaglia si prepara a diventare più fitta. Molti sono confusi, e non si possono nemmeno biasimare.
Però, cara Italia, non puoi negare che abbiamo fatto anche cose incredibili, enormi, grandiose! Poche manciate di persone, di genitori senza esperienza politica hanno creato un partito nazionale che non ha mai arretrato di un passo per difendere i diritti dei bambini, degli esseri umani, e la libertà e la verità che abbiamo sempre chiesto senza compromessi, in ogni sede, correndo ogni rischio, sopportando ogni costo.
Diffamazione, insulti, odio sociale, censure non ci hanno fatto vacillare un solo istante. Allora hanno funzionato quegli occhi luminosi e la chiarezza interiore su ciò per cui stavamo combattendo.
Quante manifestazioni indette! Decine di migliaia di persone in movimento, portatori di pace schierati in difesa dei propri diritti. Queste sono vittorie dell’umanità, a prescindere da come si vogliano leggere i risultati.
Quanti silenzi abbiamo rotto e quante volte siamo stati la testa d’ariete di battaglie che sono diventate rapidamente, così come i nostri ideali, molto più grandi di noi!
Abbiamo tenuto alta la speranza in un momento in cui lo scoraggiamento era il vessillo del sistema.
Un sistema potente che ha vinto delle battaglie, e che ci ha inferto in ogni modo possibile le sacrosante ferite della guerra.
E ora dovremmo arrenderci? Dovremmo realizzare che loro sono più forti, e dedicarci a salutare i nostri figli? No Italia cara, non abbiamo questa tempra.
Possiamo fare errori all’infinito, ma siamo e rimaniamo quelli che combatteranno fino alla morte, dovessimo farlo anche da soli, per far prevalere la libertà e la verità e la dignità umana.
Se saremo soli o no, poi, lo vedremo. Perché sbagliamo come esseri umani, ma come esseri umani impariamo. Impariamo a dosare meglio le forze, impariamo a scegliere con più cura le persone di cui fidarci, impariamo a trovare l’equilibrio tra i numeri che vogliamo raggiungere e l’aderenza alla nostra natura profonda, che non possiamo fare più a meno di esprimere.
Siamo esseri spirituali, in qualunque modo lo si voglia intendere, anche come semplice fiducia nella Vita. Siamo certi che il bene sia destinato a trionfare: la vita trionfa sulla morte come in tutti gli archetipi. E la morte che oggi vediamo ovunque, come l’inverno, non è che la fine di un ciclo (sociale, in questo caso), subito destinato a un nuovo inizio.
Siamo stanchi di avere paura, del pensiero di non essere abbastanza per farcela, di credere che il passato sia l’unico criterio per costruire un futuro. Sarebbe un futuro vecchio, così come vecchia e putrida è la politica di oggi, a cui ci opponiamo, di cui vogliamo essere l’opposto!
Dobbiamo accettare di non conoscere il domani, di non saper calcolare tutto, e che forse i numeri con cui siamo abituati a soppesare il mondo non sono l’unico criterio per stimare le possibilità di vittoria!
Oggi si fa strada in noi con sempre più forza l’idea che sarà la qualità di ciò che siamo, il nostro modo di essere umani, allegri, imprevedibili, creativi, inarrestabili, a fare la differenza nella grande guerra che combattiamo.
Noi vogliamo esserci, crediamo che la nostra missione sia avere un ruolo in questa guerra. Un ruolo che stiamo ancora imparando a comprendere, cara Italia, una strada che si apre mentre la percorriamo.
Di sicuro questi anni ci hanno aiutato a mettere a fuoco un punto fondamentale del nostro sogno politico, e cioè che vogliamo metterlo in pratica e, in tutti i modi in cui ne saremo capaci, dare l’esempio.
Non smetteremo, certo, di rivendicare i nostri diritti ma, ora che la lotta si farà dura, dobbiamo passare all’attacco: immaginare la “prossima stagione” del mondo, il nuovo inizio, ed essere la comunità umana che si attiva per realizzarlo. Perché la creazione parte sempre dal pensiero e nessuno più di noi, che vediamo il presente dissolversi e crediamo nel valore assoluto della vita, è più adatto a pensare un nuovo futuro.
Ecco allora il ruolo che dovrebbe avere la politica! Dentro e fuori dai palazzi, attraverso ed oltre le elezioni: qualcosa di così elevato e puro da far venire la pelle d’oca, al pensiero di prendersi la responsabilità della gioia e della sofferenza altrui.
È tutto, cara Italia, ora conosci i pensieri più profondi di questo momento di rifondazione.
Il tempo ci dirà se potremo essere quell’esigua minoranza in grado di cambiare la tua storia e se – in questo futuro imponderabile – tu potrai essere quel piccolo Paese in grado di cambiare la storia del mondo.
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