La casa, per gli italiani, è il bene più prezioso, dopo il lavoro.
Dati ISTAT del 2021 indicano che oltre il 70% della popolazione italiana vive in una casa di proprietà.
L’Italia è lo Stato con la percentuale di proprietà della prima casa più alto del mondo.
La casa, nella nostra cultura, è un simbolo di radicamento importante. Possederne una di proprietà è come realizzare una parte di noi “qui e ora”.
Lavorando in quest’ambito, si ha la possibilità di assistere molte persone nell’acquisto, effettuato con grande sacrificio ma con immensa gioia, della prima casa.
Confesso che è molto bello accompagnare un “fabbricato” alla vendita, così come accompagnare una persona, una giovane coppia o una famiglia all’acquisto della propria dimora.
Alla vendita, perché quella casa potrà essere nuovamente il posto sicuro di qualcuno; all’acquisto, per respirare quella brezza di novità che prova chi finalmente concretizza un sogno.
Si dice che l’acquisto della casa sia l’inizio di una nuova vita, la realizzazione di un presente reale, concreto e solido. E comunque sia composta la famiglia che vi entra, posso garantire che è così.
In campo immobiliare, il settore residenziale non ha mai smesso di crescere, salvo la breve battuta d’arresto con le chiusure del 2020, in seguito a cui la ripartenza è stata esponenziale, soprattutto grazie al Bonus 110 (1).
Questo conferma quanto risulti importante possedere una casa nel nostro Paese.
Grazie agli incentivi fiscali, negli ultimi due anni le compravendite dei vecchi immobili sono aumentate, permettendo di recuperare e restaurare molti fabbricati che diversamente sarebbero rimasti in disuso e, al tempo stesso, evitando il consumo del suolo con nuove costruzioni.
Il Bonus 110, tuttavia, ha tradito l’intento di tutti gli ecobonus di fornire un aiuto ai cittadini nella realizzazione della casa.
Tralasciando la giungla di leggi e regolamenti in cui i proprietari sono stati trascinati, abbiamo dovuto assistere a un vero disastro nel settore edile, a causa dalla seconda metà del 2020, di una crescita spropositata e senza dubbio speculativa, del costo dei materiali e delle materie prime.
I proprietari animati da una reale spinta di cambiamento, che stavano pianificando dei lavori con materiali naturali e sostenibili, hanno finito per cedere alla molla speculativa del bonus, ricorrendo a prodotti standard, inquinanti e a base di petrolio.
Una doverosa specifica sul “green”, argomento di gran moda nell’ultimo periodo: recentemente la bioedilizia era diventata finalmente accessibile anche ad una fascia di ceto medio.
Con l’avvento del Bonus 110, questo è diventato impossibile. Ci troviamo a realizzare interventi di efficientamento energetico facendo cappotti di polistirolo a prezzi a cui, fino a pochi anni fa, era possibile acquistare rivestimenti con pannelli di fibre naturali.
Il risultato è che le nostre città si stanno riempiendo di edifici ricoperti con una sorta di cellophane, base petrolio. Vale a dire quanto di più anti-ecologico possibile.
Sarebbe sufficiente l’impennata dei prezzi di cui abbiamo parlato per rendere inaccessibile la ristrutturazione a molti neo proprietari di casa.
Ma ecco la trovata “green” della Comunità Europea: entro il 2030 tutti i fabbricati dovranno essere in classe energetica E e nel 2033 in classe energetica D per poi proseguire verso l’emissione zero. Il non raggiungimento delle classi energetiche previste prevede l’impossibilità di vendita o di affitto del fabbricato (2).
Come si evince dai dati raccolti dall’ENEA, Ente Nazionale per le nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, più del 50% dei fabbricati residenziali in Italia appartiene alle categorie G e F! (3).
Ipotizziamo cosa succederebbe se entrasse in vigore questa norma:
Molte persone non riusciranno più a realizzare il loro sogno di acquistare la prima casa, altre dovranno pagare tasse su case ereditate ma invendibili giacché in classe energetica non idonea.
L’impoverimento programmato dalla Comunità Europea in nome di un’emergenza ecologica completamente fittizia, segue puntualmente le direttive del Word Economic Forum.
Abbiamo già parlato della distopia di Davos, e ormai chiaro come dovrebbe realizzarsi l’inquietante motto “non possiederò nulla, ma sarò felice”: rendendo la proprietà privata, a partire dalla casa, un onere tale da rendere le persone felici di potersene liberare.
Non è questo il tipo di felicità a cui aspiriamo. Uomini e donne libere, militanti ed attivisti 3V, anche in questo momento stanno costruendo, passo dopo passo, “mattone dopo mattone”, la propria comunità. Una comunità libera di persone che si conoscono, intrecciano relazioni e si sostengono a vicenda. Comunità creative capaci di trovare soluzioni originali alle minacce che si propagano attraverso i binari vecchi di un mondo destinato a scomparire. Comunità che non si sono piegate alle misure inumane degli ultimi anni, e che troveranno il modo di non piegarsi alle prossime.
E a proposito di modi, uno da non dimenticare sono le elezioni!
Fonti
Libera professionista impegnata nel settore edile da più di vent’anni, ho avuto la possibilità di fare esperienza a più livelli in diversi ambiti delle costruzioni. Ho sempre pensato che tutto nella vita è in collegamento e che per la crescita evolutiva dell’uomo sia necessario fare esperienza in ogni ambito della vita, compreso quello politico. Ritengo infatti essenziale che ognuno si riappropri, oggi più che mai, della propria responsabilità politica e sociale. Ho aderito da subito al progetto 3V, di cui sono Coordinatore del Veneto, Responsabile Organizzazione e membro del Consiglio Nazionale.
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