In questo momento così intenso della storia d’Italia, abbiamo l’occasione di ripensare il rapporto tra il cittadino e lo Stato, rappresentato dalle forze di governo e dalle forze dell’ordine.
La presunzione di innocenza è un principio chiave del diritto italiano e costituisce un grande conforto per il cittadino, che è ritenuto innocente da qualunque imputazione fino a che non venga provato il contrario.
Un altro concetto fondamentale è la cosiddetta ratio di una legge, ovvero la ragione per cui viene emanata. Capire il fine ultimo di una legge è importante, perché consente alle autorità di applicarla in pratica nella maniera corretta.
In questi giorni l’Italia è stata sottoposta ad una situazione di emergenza in grazia di cui sono stati sospesi dei diritti costituzionali, attraverso provvedimenti oggetto di diversi dubbi, sia nel merito che sulle tempistiche.
Ma a prescindere da ciò, bisogna pensare che la limitazione di diritti inalienabili, come la libertà personale, deve essere limitata all’effettiva necessità prospettata dalla situazione di urgenza.
Dal sito del governo apprendiamo che il virus Covid-19 si trasmette solo in caso di contatto fisico diretto con una persona infetta, con le sue secrezioni, o attraverso un contatto faccia a faccia a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore di 15 minuti.
Se il fine dei provvedimenti governativi è impedire i contagi, e se quelli sopra elencati rappresentano i parametri del contagio esterno, rappresentano anche l’unico limite possibile alla libertà costituzionale di circolare sul territorio.
Non sembrerebbe in alcun modo giustificato impedire o limitare la circolazione in generale, ma solamente la circolazione “incauta”, ossia quella al di fuori dei parametri sanitari di sicurezza identificati dalle stesse autorità. Apparentemente, sembra invece che il fine della legge sia diventato impedire il più possibile la libertà di circolazione sul territorio.
Questo avviene perché ogni cittadino è presunto colpevole. Il governo assume che una persona, nell’esercitare il suo diritto di circolare, potrebbe non rispettare i parametri per evitare il contagio (contatto diretto, due metri di distanza per più di 15 minuti o entrare in contatto con secrezioni altrui). Sulla base di questa ipotesi, impedisce a qualunque cittadino di circolare, salvo rare eccezioni.
Non vengono sanzionati solo i comportamenti che l’attuale legislatore ritiene lesivi della salute pubblica: vengono sanzionati tutti quelli che potrebbero diventarlo.
Così vediamo una gara tra governo, regioni e comuni nell’adottare misure sempre più restrittive, che passano dalla chiusura dei parchi alla limitazione dell’attività entro i 200 metri dalla propria abitazione; vediamo multare cittadini che hanno fatto una spesa ritenuta “non indispensabile”; vediamo famiglie che non possono portare i bambini a giocare all’aperto, e persone che non possono fare una passeggiata tonificante se non sull’asfalto adiacente a casa.
Queste misure, però, sembrano avere uno scarso collegamento con le “modalità di trasmissione” diretta del virus indicate sul sito del governo.
È possibile che la preoccupazione alimentata dai media, ossessivamente impegnati nella conta dei morti, o il soprannome attribuito al decreto “Io resto a casa”, abbia persuaso gran parte della popolazione che, contrariamente alle informazioni fornite ufficialmente, la semplice circolazione nel territorio sia sinonimo di contagio.
Ed è possibile che per questo non sia stata colta la portata legale del passaggio alla “presunzione di colpevolezza”;
tuttavia chiunque, per i motivi più banali, si sia trovato nella necessità di uscire di casa, si è reso conto di cosa significhi tenersi pronti a firmare una autodichiarazione della propria innocenza, da compilare a proprio rischio per essere sottoposta alla verifica delle autorità.
Situazioni come questa hanno cause profonde, ben più della drammatica contingenza sanitaria di questi giorni, che però le ha rese incredibilmente evidenti.
Per questo oggi abbiamo la possibilità di ripensare al rapporto che vogliamo avere con lo Stato ed i suoi rappresentanti.
Abbiamo questa possibilità perché la politica deve adeguarsi alle necessità dei cittadini, che dovranno sbarazzarsi di chi non li rappresenta ma anche comunicare a chi li rappresenterà i principi secondo cui operare.
Abbiamo creato questo partito per pensare una politica che incominci dal rispetto per la vita, per le persone, per la salute, per la libertà, un percorso rivoluzionario iniziato con una semplice richiesta di verità su un tema scomodo per tutti, come i vaccini.
Per andare avanti dobbiamo essere in tanti, e dovremmo essere tutti, perché tutti abbiamo il diritto di pretendere una politica che rispetti le persone e le faccia sentire sicure, ma anche libere e fiere della propria dignità di cittadini.
Forse si potrebbe iniziare da alcuni semplici principi:
La portata di un provvedimento legale dev’essere limitata alla ratio del provvedimento stesso, e a nulla più.
Il potere di un’autorità dev’essere il minimo indispensabile per l’attuazione di determinati scopi sociali, e nulla più.
La libertà individuale è necessaria al raggiungimento del bene comune.
Tutti i cittadini, fino a prova contraria, sono innocenti.
Consigliere Nazionale M3V
Andrea Giongo
Ho fondato questo partito per togliere il potere a chi non è degno di amministrare la mia nazione. Dottore in economia finanziaria, ho cambiato la mia vita per realizzare un sogno: il progetto editoriale Filastrocche su misura. Ora ho un nuovo sogno: una politica che ami, rispetti ed onori l’essere umano! In 3V sono Consigliere Nazionale e Responsabile Comunicazione.
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