I Kazaki nei gulag stavano meglio

| 3V |

Riportiamo la testimonianza di una nostra attivista, che ha recentemente incontrato un ragazzo sottoposto a TSO per non aver indossato la mascherina al banco.
Il titolo di questo articolo è la frase pronunciata dal giovane, prima di venire allontanato dalle insistenze del personale sanitario, in risposta alla domanda “che messaggio vuoi che venga riportato all’esterno?”

I Kazaki nei gulag stavano meglio

Ieri ho visto V., viso da bambino, occhi chiari e sereni, faceva capolino da dietro le spalle dell’infermiera del reparto di psichiatria di Pesaro che gli ordinava di ritornare in camera.

Nel reparto psichiatrico di Pesaro i colloqui sono momentaneamente sospesi, come tutte le nostre vite da più di un anno e come i nostri diritti.

È accaduto, allora, che un giovane uomo con un viso da bambino abbia voluto rompere lo stand-by in cui tutti siamo precipitati, con un’azione tanto forte quanto semplice, che nella sua incrollabile determinazione mi richiama alla mente la stessa fermezza del gesto compiuto da Claudette Colvin e nove mesi dopo da Rosa Park, quando entrambe rifiutarono di sedersi nei posti dedicati agli afro americani, continuando a rimanere sedute in un posto riservato ai bianchi.

Claudette Colvin in un intervista ricorda così quel momento: “E’ il mio diritto costituzionale. La storia mi ha tenuta bloccata al mio posto”. Così V. seduto al suo banco ha fatto ciò che è naturale fare per ogni essere umano, respirare liberamente, senza costrizioni.

I cambiamenti partono da gesti straordinariamente semplici e potenti perché espressione diretta del cuore e perciò suscitano reazioni scomposte e violente da parte di chi il cuore l’ha messo in un cassetto chiuso a doppia mandata.

Ho parlato brevemente con V., mi ha detto che non ha più l’uso del cellulare, che prima di arrivare nel reparto di psichiatria di Pesaro, al pronto soccorso di Fano, l’hanno tenuto fermo in sei agenti su otto presenti per fargli due iniezioni di calmanti e che poi quando è arrivato in psichiatria a Pesaro avevano preparato anche una camicia di forza rimasta fortunatamente inutilizzata.

Ecco la reazione scomposta e brutale di chi si è spogliato del suo essere uomo, prima che insegnante, preside, forza dell’ordine, sanitario o funzionario amministrativo, raccontando a se stesso che prima esiste un regolamento e allora “io che ci posso fare, eseguo”. Le leggi ingiuste vanno disapplicate, ce lo insegna la storia e lo sa bene il nostro cuore.

Oggi non è più accettabile tutto ciò, perché questo stand-by della mia vita e dei miei diritti non l’accetto più, perché sono viva, perché V. potrebbe essere mio figlio e in definitiva perché V. potrebbe essere ognuno di noi.

In alto i cuori

Maria Daniela Ferri

Uno Stato che ordina questo è una dittatura, una società che permette questo è incivile, chiunque non si ferma ad ascoltare e vedere ciò che sta accadendo è complice di questa deriva in cui l’umanità sta morendo.

3V combatterà fino alla fine per costruire un futuro in cui fatti come questi siano solo ricordi. Da non dimenticare.

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